Ho spesso immaginato che gli sguardi sopravvivano all'atto del vedere come fossero aste, tragitti misurati, lance in una battaglia. Allora penso che dentro una stanza appena abbandonata simili tratti debbano restare qualche tempo sospesi ed incrociati nell'equilibrio del loro disegno intatti e sovrapposti come i legni dello shangai.
Preferisco venire dal silenzio per parlare. Preparare la parola con cura, perché arrivi alla sua sponda scivolando sommessa come una barca, mentre la scia del pensiero ne disegna la curva. La scrittura è una morte serena: il mondo diventato luminoso si allarga e brucia per sempre un suo angolo.
Ho la mente coltivata come una piantagione. A seconda del seme il suolo si colora e come nella lingua ogni zona ha un sapore. Il mio pensiero è una terrazza aperta su me stesso. O forse è solamente l’impressione dei sensi che confonde come fanno le dita accavallate una cosa con due.